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Liquori italiani

Una breve storia dalle origini ad oggi
08.10.2019
11 min.
Il liquore altro non è che una soluzione di acqua, alcol, zucchero e aromatizzanti (quali spezie, erbe, frutti o una miscela di questi ingredienti). Può nascere da una infusione dei cosiddetti botanicals (ovvero gli aromatizzanti) nell’alcol (di solito tra i 90° e i 98°) e da una successiva miscelazione con acqua e zucchero; oppure dalla distillazione di alcol in cui sono macerati degli aromatizzanti. L’origine della liquoristica affonda le radici nel medioevo arabo intorno al 700 d.C., quando il movimento denominato Al-Kimiya, dal greco chymos (essenza) mise a punto le basi della conoscenza della distillazione di fiori e piante, con la quale ottenne essenze ed oli profumati. Le essenze ottenute, però, veniva impiegato solo in ambito cosmetico; fu con l’arrivo degli alambicchi (gli apparecchi utilizzati per la distillazione) in Europa, in seguito alla presa di Gerusalemme del 1099, che si ebbero le prime distillazione di alcol commestibile.


L’Italia tra i più grandi produttori

Le notizie riguardo la realizzazione di un liquore definito elisir, direttamente ricavato dalla distillazione e dall’infusione di erbe, si trovano per la prima volta in Italia durante il Giubileo del 1300 voluto da papa Bonifacio VIII: le cronache dell’epoca riportano che furono Arnaldo da Villanova e Raimondo Lullo ad elaborarlo per curare il Papa da una fortissima colica renale che lo colpì poco prima dell’inizio del Giubileo. Il successo di questo rimedio diede fama mondiale agli inventori della nuova disciplina e ai loro risultati, e soprattutto evitare l’Inquisizione e l’accusa di stregoneria! La storia narra che questo infuso contenesse delle scaglie d’oro, metallo puro per eccellenza a cui si attribuivano doti purificanti.
Il prezzo dell’alcol, però, all’epoca era molto alto e la distillazione, che doveva ancora perfezionarsi, aveva troppi sprechi e risultava molto onerosa. Così il suo utilizzo rimase per lungo tempo un’esclusiva dei medici alchimisti laici e delle abbazie che avevano annessa la farmacia erboristica.
Per avere una produzione liquoristica qualificata e a uso voluttuario, dobbiamo giungere al Rinascimento Italiano, e precisamente nella prima metà del 1500, quando Caterina de Medici andò in sposa al Re Enrico II di Francia portando con sé, oltre ai cuochi e ai pasticceri, anche dei liquoristi fiorentini. Questi avviarono la produzione di liquori dolci di benvenuto per la corte di Parigi com’era già uso presso la corte fiorentina. I toscani furono tra i precursori della diffusione e del raffinamento di questa tecnologia, grazie anche alla grande disponibilità dei loro mercati e delle spezie che giungevano dall’Oriente.
I primi liquori furono prodotti con l’alcol, il miele e gli oli essenziali delle rose, da cui il nome rosolio, uno dei primi liquori in assoluto prodotti!
Successivamente, un grande impulso alla produzione industriale dei liquori venne dal 1700 grazie agli studi ed alle scoperte di scienziati che approfondirono la conoscenza della fermentazione: è il 1737 quando nasce il Chartreuse Verte, il primo liquore amaro della storia pensato solo per la degustazione. Ci sono voluti cento anni per realizzarlo nella sua forma definitiva, ma il risultato è straordinario e tutt’oggi è prodotto sulla base di quella ricetta. Attenzione, perché è molto alcoolico: il suo contenuto è generalmente superiore ai 50°! Negli anni successivi, i miglioramenti ottenuti nella produzione dello zucchero diedero una spinta ulteriore all’industria liquoristica portando l’Italia a essere tra i principali produttori di liquori. Amari, centerbe, ratafià, rosoli, assenzio, alchermes… ancora oggi i liquori più in uso sono spesso i discendenti di qualche intruglio inventato da monaci e speziali.





Quanti liquori?

Abbiamo nominato diversi tipi di liquore, ma quali sono le differenze sostanziali? Molto dipende dal grado di dolcezza che li cataloga in créme, dolci e secchi.
- Le créme sono spesso bevande poco alcoliche (da 15 a 28 gradi) sature di zucchero, tanto che sono appena sotto la soglia della cristallizzazione, come ad esempio il liquore al cioccolato, quello al gianduiotto o quello al bicerin. Si usano molto per base di cocktail o per realizzare ricette di dolci.
- Nel gruppo dei liquori dolci ricadono invece i grandi classici come la sambuca, il limoncello, l’amaretto e molti altri. L’ingrediente principale è spesso la frutta o un’erba aromatica che conferiscono note vellutate e fresche. Molti di questi vengono degustati come digestivi ma si trovano spesso anche nei cocktail.
- Infine abbiamo i liquori secchi, dove gli amari la fanno da padrone: qui i liquori italiani sono campioni indiscussi con una selezione impressionante! L’amaro viene spesso bevuto a fine pasto come digestivo ma è ottimo anche in degustazione. Spesso sono a base di erbe aromatiche e radici, come ad esempio la genziana. In Italia, la produzione casalinga rimane molto popolare, e molti testi sono stati pubblicati sull’argomento.


Gli iconici marchi italiani

Nel 1848 in via Canonica 86, nei pressi del Teatro La Scala di Milano, un farmacista bolognese aprì un bar: il suo nome è Ausano Ramazzotti e, forse per la prima volta nella storia della città, servì un drink alcolico senza la minima presenza di vino o di birra. Tecnicamente, però, l’Amaro Ramazzotti non fu il primo di Milano, perché qualche anno prima, nel 1845, venne depositata la ricetta, tuttora segreta, di un infuso con fiori, foglie, radici e fusti ideato da Bernardino Branca che nel 1862 si trasferisce in Piemonte e intraprende la produzione del Fernet-Branca. Poco tempo dopo, a seguito di un viaggio in tutta Europa, Stanislao Cobianchi mette in commercio il suo elisir, dedicato alla principessa Elena del Montenegro: nasce così l’Amaro Montenegro reso celebre dalle storiche bevute di Gabriele D’Annunzio in compagnia degli intellettuali del tempo.
Anche al Sud non tardarono a nascere marchi ormai storici. Per esempio, si racconta che una sera di metà Ottocento frà Girolamo, un frate dell’Ordine dei Cappuccini, fece chiamare d’urgenza Salvatore Averna al proprio capezzale: Girolamo, malato da tempo, prima di morire vuole omaggiare l’amico consegnandogli una ricetta antica, un elisir fatto solo con erbe siciliane, che da secoli i frati preparavano per alleviare i dolori delle febbri. Salvatore Averna custodisce per anni questa ricetta, producendo l’elisir per la famiglia o per donarlo agli amici. Successivamente, convinto dai figli, nel 1868 trasforma la tenuta di Xiboli in un grande opificio. La produzione, alla morte di Salvatore e dei figli, era ancora molto limitata. Francesco, l’ultimo erede della famiglia, nel 1895 venne invitato al palazzo reale di Roma da Umberto I che era entrato in possesso di una bottiglia di Amaro Averna e, innamoratosene, rese Francesco Averna fornitore ufficiale della Real Casa.
A Catania fu Giuseppe Caffo a ideare e diffondere il Vecchio Amaro del Capo; mentre l’invenzione dell’Amaro Lucano, simbolo della Basilicata, risale al 1894. Anche questo divenne un amaro ufficiale dei Savoia quando Vittorio Emanuele III, succeduto a Umberto I dopo il suo assassinio, cambiò la fornitura degli amari. E ancora, il famosissimo Liquore Strega ideato nel 1860 da Giuseppe Alberti che, si dice, si fosse ispirato alla leggenda delle “streghe di Benevento”. La ricetta contiene circa 70 erbe e spezie provenienti da ogni parte del mondo tra cui la cannella di Ceylon, la menta sannita, lo zafferano, il finocchio, l’iride fiorentino e il ginepro dell’Appennino italiano. In aggiunta, si racconta che la ricetta includa un’erba locale che cresce solo lungo le sponde del fiume Sabato e di cui nessuno, al di fuori degli addetti ai lavori e dei beneventani, conosce il nome, l’aspetto e le caratteristiche. Si racconta anche che i dipendenti, all’atto dell’assunzione, firmino l’impegno di non svelare le varie componenti del liquore né le fasi del ciclo di produzione! Molto conosciuto e apprezzato è anche il Vov, ideato nel 1845 da Gian Battista Pezziol, un pasticcere patavino che unì a dei tuorli d’uovo dello zucchero, dell’alcool e del marsala: questo zabaione alcolico, super energetico, prende il nome dal termine veneto vovi, che significa appunto uova.



Foto di @We The Italians

La lista delle eccellenze italiane in fatto di liquori è ancora lunga. Promettiamo di tornare sull’argomento per raccontarvi ancora tante bellissime e gustose storie sui liquori Made in Italy! Nel frattempo, se volete approfondire l’argomento, cliccando qui potete scaricare gratuitamente dalla nostra biblioteca il libro “Il liquorista”.



Aggiornamento del 29/11/2019: poiché avevamo promesso di tornare sull’argomento, e poiché noi di Palati a Spasso manteniamo sempre le nostre promesse, se vi interessa leggere qualcos’altro sui liquori italiani, cliccate qui!
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