XL
LG
MD
SM
XS
Hai cercato:
English
Italiano
Português
Español
Deutsch

La trattoria Amerigo 1934

Un capitolo dal libro di Dario Ruscetta

05.12.2019
12 min.
In un post qualche tempo fa vi abbiamo presentato lo scrittore Dario Ruscetta e il suo progetto.

Oggi ha accettato di condividere con noi un capitolo del suo libro:
MoBo’s Stories: Guida di Viaggio nell’Ombelico Gastronomico di Modena e Bologna"

Quando vi troverete a camminare lungo Via Guglielmo Marconi, a Savigno, noterete, appena dopo la Trattoria Amerigo 1934, il nome di una via piuttosto curioso: Amerigo Vespucci.

Vi chiederete cosa ci sia di curioso nel dedicare una strada ad uno dei più grandi cartografi ed esploratori del XV° Secolo? Beh, la risposta è piuttosto semplice: non si tratta di quel Amerigo.

O forse sì? O forse no?

Sicuramente si tratta di un piccolo gioco del Sindaco dell’epoca, 1970, che nominò la via accanto alla trattoria al personaggio più famoso nel mondo delle esplorazioni e a quello più famoso della vallata: Amerigo Vespucci, fondatore dell’attuale Amerigo 1934.

Ma andiamo con ordine.

Amerigo Vespucci, l’oste, nasce nel 1909 da famiglia contadina e all’età di 25 anni (1934, per l’appunto) apre un’osteria, con annessa drogheria, proprio nel centro di Savigno, coinvolgendo tutta la famiglia, compresa la moglie incinta.
Un’osteria con cucina, per la precisione, in una piccola sala che accompagna il gioco della Briscola e, nel retro bottega, quello delle bocce: tutto innaffiato con il buon vino che lui stesso prepara.

Lo scopo è certamente quello di guadagnare, ma anche di riuscire a “vendere” Bologna attraverso i prodotti del territorio, come le bestie che lui stesso va a prendere, dai migliori allevatori, per la Cucina e la Drogheria.
L’attività procede e negli anni ’50, dopo la guerra, periodo in cui cominciano a nascere le Trattorie in tutta Italia, si amplia aprendo una sala da pranzo vera e propria al piano superiore.



Nel frattempo, dalla figlia della moglie di Amerigo, nasce Alberto Bettini, attuale gestore e Chef.
Alberto è un bambino che cresce a stretto contatto con l’attività di famiglia, spesso anche lavorando.
Come tutti i ragazzini ha diversi sogni per il suo futuro: il calciatore, l’astronauta, il mago…ma nessuno di questi lo porta realmente a compiere un percorso formativo adeguato.

La sua passione più grande è il Design e quello vuole studiare, con un piccolo “problema”: a Bologna non esiste una facoltà di architettura, quindi deve scegliere tra Firenze e Ferrara.
L’amletico dubbio lo stanca abbastanza in fretta e così decide di prendere tempo andando a fare il militare (ancora obbligatorio all’epoca, ma che avrebbe potuto evitare per motivi di studio).
In Friuli fa subito amicizia con due ragazzi più grandi.
Uno di questi è un grande appassionato di Cucina e insieme pensano che non hanno molta voglia di farsi “avvelenare” dalla mensa della caserma, così comprano la Guida dell’Espresso 1980 e iniziano a pasteggiare in tutti i ristoranti del Friuli Venezia Giulia e limitrofi.

A questo punto un piccolo tarlo inizia a lavorare nella testa di Alberto, sempre più incuriosito dal fatto che alcuni ristoranti siano presenti nel volume e altri no; inizia a chiedersi quale sia il metro di giudizio, cosa li differenzia: scopre così i primi rudimenti teorici della Cucina di Qualità, semplicemente provando e incuriosendosi.
Il servizio militare termina e Alberto torna a casa, ma non si iscrive comunque all’Università.

Rimane però un grande appassionato di Design e, tra un servizio in trattoria e l’altro, inizia a disegnare alcune maglie, per sé stesso, che la madre porta poi in vita con i suoi macchinari.
Un giorno passa di lì un parente alla lontana che nota subito qualcosa:

<<Bella quella maglia, dove l’hai presa?>> gli chiede l’imprenditore tessile.

<<L’ho disegnata io>> risponde Alberto, tra l’orgoglioso e lo stupito.

<<Beh…ma allora lavora per me, no?>>.

Alberto ci pensa, non più di tanto a dire il vero, e nel 1982 entra ufficialmente nel settore della Moda.
La sua esperienza “gastronomica” a militare e la passione per l’interior design lo incaricano di prenotare gli hotel e i ristoranti in giro per il Mondo, mentre con il suo nuovo titolare impara a conoscere meglio quel nuovo Universo: da Parigi a Londra, da Tokyo a Rio, da Madrid a New York è un susseguirsi di sfilate e incontri incredibili.

È proprio a New York che Alberto viene a contatto con gli artisti più famosi dell’epoca: Madonna, Jean Paul Gaultier, Andy Warhol, tutti incontrati nei locali storici dell’epoca, come Area e Studio54.
Alberto è un ragazzo molto giovane, poco più che ventenne, ma questo non lo avvicina minimamente ai “pericoli” di quel periodo, soprattutto grazie al suo carattere forte, deciso ed equilibrato.
Tanti personaggi famosi, certo, ma per lui sono solo la reincarnazione di quei volti che ogni giorno vede sulle decine di rivista di Moda e Design a cui si è abbonato:

<<Quando ero lì ci parlavo normalmente, ora mi tremerebbero le gambe se incontrassi un Andy Warhol, ma in quel momento della mia vita ero così. Non mi interessavano i VIP, le droghe, le feste pazze…lavoravo, seppur in modo piacevole>> ammette Alberto, e continua <<Ricordo ancora benissimo quando ruppi i maroni ad Afrika Bambaataa per un’intera settimana, solo per avere una sua cassetta registrata: alla fine non me la diede mai>> conclude ridendo.

Giusto per renderci conto del contesto reale in cui si trova Alberto: Afrika Baambaata è lo storico, e più importante, creatore ed esponente dell’HipHop NewYorkese di quegli anni, una controcultura fondamentale della Storia americana.

Una vita intensa e stracolma di impegni, talmente tanti che quasi non riesce a vedere la sua fidanzata in Italia.
Ma come abbiamo detto Alberto è una persona molto determinata e decisa, ritiene di aver fatto abbastanza esperienza nel settore e, inoltre, il mondo della Moda sta man mano passando verso una forma effimera che non fa per lui, grande ricercatore di sostanza.


foto di Dario Ruscetta

Nel frattempo, però, anche i suoi genitori sono stanchi di gestire la trattoria e hanno intenzione di chiuderla, mentre la sua fidanzata vorrebbe cambiare quel lavoro da parrucchiera che non le da più soddisfazione.
Alberto ci pensa, anche qui molto poco a dire il vero, e mette insieme tutti i tasselli del puzzle portando sé stesso e la compagna a gestire l’attività di famiglia.
Siamo nel 1987 e nasce il “suo” modo di fare ristorazione: porta la sua esperienza di cucine estere nel piccolo paese, creando così una cucina cosmopolita ma…con sostanza; infatti, in un’epoca in cui pochi davano importanza a questo concetto, lui è tra i primi a mettere davanti a tutto la Qualità delle materie prime.

Quest’ultimo punto merita però una precisazione in più.

In quegli anni moltissime trattorie si rifornivano dai contadini, quindi verrebbe da pensare che la sua scelta non fosse poi così innovativa. Ciò che scoprì, però, cambia del tutto questo ragionamento:
i ristoratori si rifornivano certamente dal territorio, ma compravano ciò che costava meno e per far costare poco la materia prima significa che il fattore coltivava la terra, e allevava gli animali, senza troppo giudizio, puntando solo alla resa, usando, quindi, prodotti chimici e mangimi di scarsa qualità. Da qui l’importanza della scelta di Alberto che fece subito piazza pulita di tutti i vecchi fornitori, tenendone soltanto uno, dal quale ripartì.

L’Amore per il territorio e l’ossessiva ricerca della Qualità nelle materie prime porta Alberto ad essere considerato da molti colleghi come il “Creatore della Valsamoggia” (da un punto di vista gastronomico ovviamente; ma non diteglielo, riderebbe per l’imbarazzo e l’incredulità) nonché prezioso collaboratore per le guide di Gambero Rosso e Slow Food, proprio in qualità di grande conoscitore di quelle terre. Inoltre riceve anche le riconoscenze ufficiali con una Stella Michelin (per la qualità della Cucina) e una Chiocciola delle Osterie d’Italia; due premi all’apparenza contrastanti, ma in realtà congrui in quanto offre piatti da “Stella” (o Stellari, ma questo lo capirete al primo boccone) al prezzo di una Trattoria.

Scelta, e sottolineo il termine, quella del prezzo, che lui definisce un difetto e non un pregio, in quanto, a livello economico, non valorizza realmente ciò che offre, specie dal momento che questa decisione viene accompagnata da un altro valore molto importante, il Rispetto: non è, infatti, lui a fare il prezzo con i contadini, ma lascia fare a loro (poi decidendo se se lo può permettere o no, ovviamente), per creare un modus operandi che porti la giusta gioia e soddisfazione a tutti.

La sola ristorazione non è però sufficiente, secondo Alberto, a valorizzare un intero territorio, così nel 1997 decide di iniziare a creare i propri prodotti per la Dispensa Amerigo, facendo lavorare le materie prime a piccoli laboratori locali con metodi artigianali: niente coloranti, né conservanti o prodotti di sintesi, solo la lavorazione tradizionale e i naturali ingredienti locali.
Nel 2002 arriva anche il turno della Locanda Amerigo, posizionata a pochi passi dalla trattoria, che dopo cinque anni di lavori e una magnifica progettazione da parte di un amico fabbro e designer, riesce a ospitare in cinque camere arredate con oggetti di design italiano degli ultimi 100 anni.

É invece intorno al 2010 che Alberto riesce a portare Amerigo 1934 alla sua massima espressione territoriale completando il circuito di fornitori rurali che gli permette di offrire una Cucina completamente Locale e Naturale: dall’utilizzo di sole farine “grezze” (eliminando quindi tutte quelle raffinate) alle panificazioni con solo lievito madre, dai prodotti biologici a quelli biodinamici, offrendo, in accompagnamento, una cantina di squisiti vini provenienti dai Colli bolognesi.
Da qui, da questa serie di rispettose scelte, nasce l’Unica “Tagliatella al ragù” 100% Bolognese, composta solo ed esclusivamente da ingredienti del territorio: dalla Farina Tipo1 Grano Bologna alle uova, passando per le carni, pomodoro, olio e vegetali per il ragù.

É qui che mi permetto uno dei pochissimi consigli personali e spassionati all’interno di questa guida: provate assolutamente questa clamorosa Tagliatella che porterà il vostro palato a spasso per tutta la Valsamoggia; e non stupitevi quando ve la serviranno con qualche fetta di cipolla rossa cruda a lato del piatto, è una vecchia tradizione contadina, ormai persa, che vi garantisco vi farà completamente sballare dal piacere: un boccone di tagliatella e una fettina di cipolla.

Savigno, però, è molto nota anche per essere terra di Tartufi e, prima di chiudere questa narrazione, vorrei rubarvi ancora un minuto per un pizzico di cultura gastronomica gentilmente offerta dal nostro Alberto.
Partiamo da un punto cardine: NON esiste un periodo migliore per IL Tartufo.


foto di Dario Ruscetta

State storcendo il naso? Aspettate.

Non esiste un periodo migliore poiché il tartufo c’è tutto l’anno, ovviamente dipende dai gusti, ma qui vi propongo un piccolo calendario:

Bianco (il più “famoso” e dal profumo molto intenso): da Ottobre a Gennaio.
Nero Pregiato: da Natale a Pasqua.
Marzuolo: da Novembre ad Aprile.
Nero Estivo e Nero Autunnale (indovinate un po’ il periodo).

Ovviamente sono fasce temporali indicative, la Natura non si controlla.

Esiste quindi un periodo, che va dai primi di Dicembre ai primi di Gennaio, in cui ci sono ben quattro tipologie di Tartufi disponibili e Amerigo 1934 ha deciso di celebrare questo momento creando un “Risotto ai Quattro Tartufi” (Bianco, Marzuolo, Nero Pregiato e Nero Autunnale) composto, appunto, da un meraviglioso risotto dall’aspetto camouflage dovuto proprio alla presenza di quei quattro preziosi ingredienti: riuscirete a riconoscerli assaporandoli uno alla volta?

85 anni di Storia nel 2019, una difesa e valorizzazione, coraggiose e decise, del Territorio Bolognese, una Cucina naturale e Rispettosa, un pozzo di Storie e Aneddoti che vi riempiranno l’Anima, il tutto incarnato nella persona di Alberto Bettini, Custode delle Memorie nel Baluardo della Collettività più gustoso e sincero della Valsamoggia.

La guida MoBo Stories: Guida di Viaggio nell’Ombelico Gastronomico di Modena e Bologna è in vendita qui


“MoBo’s Stories: Guida di Viaggio nell’Ombelico Gastronomico di Modena e Bologna” è un progetto sostenuto e patrocinato dal Comune di Modena.
Tutti i diritti su testo e foto sono riservati e appartenenti a Lomadic Food Circus, marchio editoriale di “BRED di Dario Ruscetta”. É vietata qualsiasi riproduzione, anche parziale, senza il consenso dell’Autore.
Altri post scritti da