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L’utilizzo della carne cruda

La cucina in Piemonte di Adriano Ravera
13.08.2021
3 min.
Insalata di carne cruda. I piemontesi, parchi di parole, la sintetizzano nel procedimento di preparazione: «battuta al coltello». Una regola di esperienza e di tradizione. Viene preparata al momento e condita con olio extravergine d’oliva e sale. Nient’altro. Semplice e dieteticamente perfetta, si accompagna a una mesticanza di verdure. Un tempo si aggiungevano succo di limone, ormai del tutto scomparso in nome di una maggiore freschezza, e uno spicchio d’aglio per un sapore più vigoroso.



Un piatto che vale un biglietto da visita per una zootecnia di qualità. Solo da un’eccellenza passa il testimone del consumo a crudo: «Vitellone piemontese della coscia». Lo garantisce il marchio Igp, Indicazione Geografica Protetta, a difesa di una razza autoctona con radici nella storia. Un logo per uscire dall’anonimato, di sicura tracciabilità per il consumatore che può seguire l’intera filiera. Animali di almeno dodici mesi, nutriti con foraggio spesso prodotto in azienda, selezionati e allevati all’insegna della tipicità. In tavola arriva una carne saporita e magra, dal basso contenuto di colesterolo e di giusta frollatura. L’esile filo di grasso intermuscolare non fa che esaltare tenerezza e gusto.

Una nomea che negli anni del boom economico alimentò altri miti gastronomici. Nel 1963 Giuseppe Cipriani, titolare dell’Harry’s Bar di Venezia, inventa per la contessa Amalia Mocenigo, costretta a una dieta rigorosa, un piatto di carne cruda, in pratica un filetto affettato sottile da insaporire con salsa di maionese, senape e Worcester. L’accortezza è nella scelta del nome: «carpaccio», in onore del grande Carpaccio, artista di cui si tiene una mostra in città. Quadri e carne hanno la stessa tonalità di rosso, scuro e vivido.



Sono gli anni del boom economico, anche le Langhe sono prese d’assalto dal primo turismo enogastronomico. Servono antipasti di sostanza. Un effetto domino che punta alla qualità della carne. Muta la dizione: carne all’albese, una fantasia linguistica; il condimento una semplice citronette. Il piatto piace per la sua eleganza. Si struttura, si aggiungono fettine di grana padano e, in stagione, lamelle di tartufo bianco d’Alba. Un successo che si ripete.
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