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Formaggi crudi e non

Varietà e curiosità di un’eccellenza italiana
02.05.2019
9 min.
“Dietro ogni formaggio
c’è un pascolo d’un diverso verde
sotto un diverso cielo”
Italo Calvino


Da Nord a Sud praticamente ogni regione del bel paese ha una tradizione casearia alle spalle con almeno un formaggio che la rappresenta. Spesso sono DOP, IGP o PAT, ed è proprio il caso di dire che in Italia il formaggio è di casa! Del resto, esistono quasi 500 varietà di formaggi in Italia, di cui oltre 300 sono riconosciuti come d’origine protetta. Qualche mese fa, parlando della pasta cacio e pepe, abbiamo accennato alle differenze tra formaggi a crudo e quelli a lavorazione termica. E siccome manteniamo le promesse, eccoci qui a trattare questo saporitissimo argomento.

La differenza è anche nel gusto

Ogni formaggio racconta una storia di gusto autentica. Quelli italiani sono innanzitutto lo specchio di un territorio e spesso di una tradizione di saperi antichi. Possiamo classificare i formaggi in base al tipo di latte usato, alla quantità di acqua, di grasso, alla stagionatura… Oggi ci occupiamo della differenza tra formaggi a crudo e quelli a lavorazione termica, che sta proprio nel tipo di latte utilizzato. Ma è solo assaporando che scoprirete le infinite varietà!



I formaggi a crudo sono quelli realizzati con il latte crudo, ovvero quello che non subisce alcun trattamento termico prima di essere lavorato per diventare formaggio. In altre parole, il latte appena munto, che esce perfettamente sterile dalla mammella della mucca sana, ad una temperatura di 37°. Esso suscita spesso timore per via dei batteri che iniziano a proliferare non appena entra a contatto con l’ambiente e l’aria, ragion per cui la maggior parte dei formaggi in commercio – e praticamente sempre quelli prodotti in maniera industriale – non sono formaggi crudi. I derivati del latte crudo sono tuttavia assolutamente sicuri se realizzati correttamente e se il latte proviene da allevamenti dove gli standard igienici e il benessere degli animali sono di altissima qualità. Inoltre, nel caso di formaggi a media o lunga stagionatura, il rischio derivante dall’azione di agenti patogeni è pressoché inesistente. Il latte crudo è quello più ricco dal punto di vista organolettico, perché frutto di pochi ingredienti (solitamente latte, sale e caglio) e di un processo naturale che preserva al massimo la struttura aromatica del formaggio e che gli conferisce un sapore sempre diverso da zona a zona di produzione. Come non si stanca di raccontare il signor Zen.

La differenza inizia nella tecnica



Ora, molti conoscono il latte pastorizzato, ma di quello termizzato ne avete mai sentito parlare? Occorre fare chiarezza. Il latte pastorizzato, a differenza di quello crudo, viene trattato per pochi secondi subito dopo la mungitura, attraverso piastre riscaldate a circa 80°, dopodiché subisce un rapido raffreddamento per fare in modo che i germi muoiano mentre alcuni batteri resistano. C’è poi un’alternativa alla pastorizzazione ed è la termizzazione: si tratta anche qui di latte fresco appena munto che però viene portato ad una temperatura di massimo 68° e per un minor tempo rispetto a quello della pastorizzazione, in modo tale che la flora batterica venga in parte preservata rispetto a quella del latte pastorizzato. Questo trattamento, grazie alla combinazione di tempo e temperatura, fa sì che le caratteristiche organolettiche e qualitative del latte crudo di partenza, rimangano quasi inalterate.
Dal punto di vista nutrizionale, la differenza è che i formaggi a latte crudo contengono più proteine, vitamine (soprattutto A, C e D) e calcio. Un formaggio con latte pastorizzato invece ha tendenzialmente un aroma ed un sapore più “standardizzato”: il trattamento ad alte temperature, infatti, distrugge anche i batteri positivi e la flora lattica originaria che influiscono molto nel determinare la trasformazione del latte in formaggio e quindi il gusto stesso del prodotto finale. Ciò non vuol dire che tra i formaggi a lavorazione termica non vi siano delle eccellenze, anzi! Basti pensare al mascarpone, alla Crescenza o al Gorgonzola Dop ad esempio. Tendenzialmente le grandi produzioni non utilizzano mai latte crudo, poiché si tratta di una filiera che prevede molto lavoro manuale e un’organizzazione logistica del tutto differente. Il formaggio a crudo, quindi, è materia principalmente dei produttori artigianali.

Formaggi a latte crudo: quali sono e dove trovarli

Spesso si può riconoscere un formaggio a latte crudo da uno a latte pastorizzato osservandone l’occhiatura (i buchi nella pasta): se diffusa e irregolare è indice probabile di latte crudo, mentre se è regolare e di dimensioni ridotte, oppure assente, indica più presumibilmente l’uso di latte pastorizzato. Tra i formaggi a latte crudo molti sono conosciutissimi come il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano e la Fontina; ma sono tipici anche quelli di malga o alpeggio, prodotti direttamente in montagna sopra i 1600 metri di altitudine. Un esempio? La Fontina D’Aosta Dop prodotta solo con latte della Valle D’Aosta proveniente da bovine di razza Valdostana. Il sapore delle piante selvatiche di cui si nutrono lo si ritrova tutto nel latte con il quale, durante l’estate, si produce la fontina che dopo circa 80 giorni di stagionatura in grotta arriva dritta sulle nostre tavole. Anche alcuni pecorini vengono lavorati a crudo, tipici sono quelli della montagna pistoiese, che prevedono un periodo di riposo superiore ai 60 giorni. E ancora formaggelle, robiole… Anche il Sud si difende bene: in Sicilia, ad esempio, troviamo la Provola delle Madonie prodotta all’interno di una delle aree più ricche di biodiversità d’Italia, una terra montuosa a ridosso sul mare.
Si tratta per lo più di formaggi di nicchia, a volte difficili da trovare. È per questo che noi di Palati a Spasso, durante la passeggiata enogastronomica a Milano, portiamo sempre (nei giorni di apertura) ad assaggiare i formaggi del signor Zen che si vanta di avere “l’unica formaggeria in Italia a vendere formaggi a latte crudo”. Una settantina di formaggi provenienti da tutto il mondo, dallo stilton alla fontina d’alpeggio, dalla robiola agli erborinati francesi, dal taleggio a latte crudo al Vacherin proveniente dalla Svizzera.



Formaggi crudi e formaggi a pasta cruda

E’ doveroso precisare, però, che i formaggi a latte crudo non vanno confusi con i formaggi a pasta cruda; o meglio, non tutti i formaggi a latte crudo sono anche a pasta cruda! Quando si parla di pasta del formaggio, la cottura o meno implica altri processi quali la cagliata che può avvenire a temperature pari a quelle ambientali, o a temperature superiori. Da qui la classificazione in formaggi a pasta cruda o cotta.

Insomma, esistono tantissimi formaggi, perché sono tantissime le varietà di latte, di pascoli, di lavorazione minuziosa e di stagionatura, regole gelosamente custodite dai maestri del settore. Dai maestri del settore, appunto: per fortuna a noi, dopo una buona lettura e “saziata” la curiosità, che sia nato a 1600 metri o al livello del mare, il formaggio toccherà solo mangiarlo!
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