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Clinto, il vino proibito

Una storia di tradizioni e di resistenza agricola
15.07.2020
9 min.
Noi di Palati a Spasso siamo dei veri appassionati di vini e proprio per questo oggi abbiamo scelto di scrivere di una tipologia di vino non molto conosciuta, il Clinto, perché… Beh le ragioni le scoprirete leggendo questa storia. 

Io sono Veneto. Come nel resto d’Italia, anche a Treviso il pranzo della domenica è il momento del ritrovo della famiglia, è ricco di ricette fatte in casa, e sulla tavola non può mancare il vino. Per la mia famiglia, si tratta del vino fatto dal nonno e spesso appena spillato dalla botte. Era un vino “da tavola”, dal gusto dolce, dal colore rosso intenso e molto corposo.

Il vino della domenica di nonno era il Clinton. Che poi non ho mai capito se si chiamasse Clinto, Clinton, Grinton. Ho da subito capito però quanto fosse prezioso averlo e poterlo bere. Ne abbiamo davvero poco e la ragione l’ho capita solo parecchi anni dopo, quando ripresi l’attività del nonno e iniziai la coltivazione della vigna di famiglia. Il Clinto non è un’uva europea, e la sua coltivazione è proibita. Fu infatti importata in Europa durante l’800 dall’America. All’inizio, le nuove viti americane, come l’uva Fragola (anche detta Isabella) della Vitis labrusca, riscossero molto successo. I botanisti le studiavano e i produttori europei iniziarono a piantarla. L’orribile minaccia della filossera della vite – che fece stragi tra le vigne d’Europa – aumentò l’uso delle specie d’origine americana (resistenti all’insetto) e l’ibridazione. Fu così che nacque, verso la fine del 1800, il Clinto, anche detto Clinton, Grinton, Grinto e Bacò: un ibrido nato da Vitis labrusca e Vitas risparia.



Il bando delle viti americane in Europa

È aromatico e spesso porta in sé il sapore delle fragole di bosco e dei frutti rossi. I produttori europei iniziarono presto a usare questa vite molto resistente per produrre vino da tavola dal colore tipicamente rosso scuro. In Italia attecchì soprattutto in Veneto. In Francia riscosse successo nelle regioni meridionali dell’Ardèches e sulle colline ai piedi delle Cevenne. In Austria furono i contadini del Burgenland a farlo proprio. Fu proprio al sua popolarità a decretarne la proibizione.
Dai primi del ‘900 il Clinto iniziò a farsi una cattiva reputazione. I suoi detrattori puntavano il dito sul fatto di non essere nativo d’Europa giocava a suo sfavore, sulla necessità di mantenere le tradizioni e il prestigio dei cultivar autoctoni. Le viti americani erano giudicate di qualità inferiore, e si arrivò a scrivere che erano potenzialmente tossiche.
Il governo austriaco fu il primo a proibire le specie americane, vietando la coltivazione di Clinto, Isabella, Noah, Othello, Jacquez e Herbemont, tutte viti americane. Le proibizioni seguirono in Italia nel 1931, in Francia nel 1934, in Germania e Spagna nel 1935. Poco dopo la guerra, nel 1955 le autorità francesi imposero l’estirpazione dei vitigni, e nel 1979 l’Unione Europea introdusse ulteriori restrizioni, che interessava tutti gli stati membri, rendendo illegale la produzione di vino dalla Vitis vinifera. Meno di un decennio dopo, si cercò di sradicare completamente le viti americane dal suolo europeo: tra il 1988 e il 1993 più di 300 000 ettari di Clinto furono sradicate in Italia (soprattutto settentrionale) e in Francia, in seguito a politiche che pagavano i viticultori per sradicare le viti americane.


La resistenza

I produttori di vino austriaci, italiani e francesi non accettarono sempre di buoin grado le restrizioni imposte. Già dagli anni trenta del secolo scorso in molti protestarono e si mobilitarono per preservare specie che erano ormai diventate parte del territorio. Nel 1992, l’Austria ottenne dall’UE il diritto a produrre vini Uhudler con l’uso di uva straniera e ibrida (il Clinto appartiene a questa seconda tipologia), diritto che verrà ridiscusso nel 2030.
In Francia l’associazione “Mémoire de la Vigne” fondata nel 1993 si batte per la difesa di una trentina di ettari piantati a Clinto mentre a Beaumont, la Cuvée des Vignes d’Antan è considerata parte della cultura locale. Nel 2003 la commissione europea garantì al produttore e attivista Hervé Garnier il diritto a usare il Clinto e altre varietà proibite per produrre vino a consumo familiare. È ancora vietato piantare queste viti, tuttavia.



Anche in Italia il Clinto è ancora proibito per la produzione di vino, tranne che per consumo domestico. Per questo è possible trovare, soprattutto dale mie parti, in Veneto e in particolar modo nelle provincie di Treviso e Vicenza, piccole produzioni di Clinto, a volte mischiato con vino di uva Isabella/Fragola. Il mosto di queste due uve in Veneto si usa anche per produrre il formaggio “Ubriaco al Fragola Clinto”, e in molti paesi si organizzano sagre e attività dedicate al Clinto. In provincia di Verona, la festa della Madonna del Rosario è spesso associata a questo vino. A Villa Ghellini, in provincia di Vicenza, invece, i viticoltori della zona che mantengono viva la tradizione del Clinto si riuniscono ogni anno per decretare il miglior Clinto prodotto. A Villaverla di Vicenza c’è invece un gruppo che, oltre a organizzare una sagra del Clinto, è attivo in coordimaneto con gruppi simili francesi e austriaci per chiedere una riforma delle regole di produzione e coltivazione di quest’uva a Brussel. Le vittorie si alternano alle sconfitte per gli amanti di questo vitigno. È stato recentemente ribadito il divieto a usarle per distillare grappa, ma nel febbraio del 2019 anche la federazione francese dei vini PGI, che non è conosciuta per essere particolarmente innovatrice, ha fatto un appello al ministero dell’agricoltura francese a favore del Clinto.

Il Clinto nella mia famiglia

Quando mio nonno raccoglieva e trasformava il Clinto, non si poneva mai il problema di questo divieto. Nella mia famiglia, come in molte altre parti d’Italia, per aiutare la conservazione si faceva bollire una parte del vino (in una tinozza di rame) che veniva poi aggiunto al mosto in fermentazione. Alla base del recipiente si formava un goloso residuo dolciastro che i miei zii correvano a mangiare con una fetta di pane, mentre nonno metteva l’uva bollita nella botte.  
Sono passate parecchie stagioni da allora. Quest’anno è stato il mio turno per la prima volta, ma nonostante io sia ormai un enologo laureato, abbiamo eseguito molte operazioni ancora seguendo le istruzioni lasciateci dal nonno: raccogliamo tutti i filari tranne gli ultimi quattro. Quella è un’uva diversa dalle altre e viene da lontano, il nonno ne ha riportato i semi quando tornò dalla guerra: è il Clinto. 

PS: Se sei curioso di scoprire quest’uva e il suo amabile succo, controlla la sezione delle nostre degustazioni di vino.
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